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Piazza di Spagna

La più celebre e conosciuta piazza di Roma nel Mondo

Se dovessimo con una sola parola descrivere il carattere di Piazza di Spagna, questa non potrebbe che essere "eleganza". La piazza è stata elegante fin dal momento della sua creazione, quando il papa aveva deciso di farne il modello del suo nuovo quartiere creato a est della sovraffollata ansa del Tevere. L'offerta, affidata agli imprenditori immobiliari, di moderne, ariose abitazioni in una zona non congestionata fuori del centro, a prezzi particolarmente alti limitò fin dall'inizio l'afflusso alla gente provvista di un'adeguata fortuna, cioè ad una categoria che includeva prelati, nobili, diplomatici e in generale viaggiatori stranieri.

Ne derivò per la piazza un'aura di esclusività e distinzione. Questo carattere raffinato, accentuato nei secoli successivi da altri fattori che poi diremo, sopravvive miracolosamente a tutt'oggi, nonostante certe manifestazioni pubblicitarie di gusto mediocre periodicamente organizzate sulla famosa scalinata, le folle cittadine sfornate dalla vicina metropolitana e le masse di turisti che invadono la piazza a tutte le ore.

La presenza di negozi d'alta classe come Gucci, Bulgari e Valentino, i quali hanno tutti la loro sede centrale mondiale nella piazza o nelle adiacenze, e di venerabili locali pubblici del tempo antico come la casa da té Bobington 's e il Caffè Greco certamente aiuta. Ma sono soprattutto i sereni lineamenti fisici della piazza e i molti ricordi di una vita culturale e sociale che fu tra le più intense d'Europa che contribuiscono a tenerne viva la speciale atmosfera.. Come abbiamo già notato, il cosmopolitismo della piazza risale al suo principio, cioè al tardo Cinquecento. A quell'epoca sia la Spagna che la Francia, allora le maggiori potenze del mondo, acquistarono importanti proprietà nell'area: la Spagna nella piazza propriamente detta, in cui collocò la sua ambasciata presso il papa (dove essa si trova tuttora), conferendo praticamente alla piazza il nome attuale; la Francia, sulle alture del Pincio antistanti la piazza, dove essa installò una chiesa a uso del clero francese e, più tardi, una splendida accademia delle arti (sono tutte e due ancora lì).

Le due nazioni monopolizzavano la piazza al punto che, per circa un secolo, una metà venne chiamata "Piazza di Spagna" e l'altra metà "Piazza di Francia". Nel Settecento fu la volta dei ricchi inglesi a invadere la piazza. Alloggiavano per lunghi periodi o in appartamenti presi in affitto o nei molti alberghi di lusso spuntati nell'area (tra i pochi alberghi di questa categoria che vi esistono oggi sono lo Hassler, secondo alcuni il migliore di Roma, e l'Albergo d'Inghilterra). L'Inghilterra in quel secolo era divenuta la superpotenza mondiale e la sua classe alta aveva acquistato il costume del cosiddetto Grand Tour d'Europa, di cui Roma rappresentava il pinnacolo indiscusso. Fino al tardo Ottocento, le schiere di "milordi" (come i romani del popolo chiamavano tutti gli inglesi, nobili oppure no) che si recavano nella piazza le avevano procacciato il nomignolo locale di "Ghetto dell'Ingresi". Dalla piazza, i ricchi visitatori si dedicavano alla ricerca di dipinti e di antichità da riportare in patria. Come abbiamo visto, ciò contribuì grandemente ad assicurare il sostentamento dei molti artisti e antiquari che, stabilitisi nella zona, ne avevano accentuato il richiamo intellettuale.

Un fenomeno connesso fu la comparsa nella piazza di un mercato del lavoro per modelli maschi e femmine, che venivano ingaggiati dai pittori, dai turisti inglesi, essi stessi entusiastici acquarellisti, e, più tardi, dai primi fotografi professionisti. Molti indossavano i costumi folkloristici delle campagne vicine, da cui generalmente provenivano, «tutti occhi dipinti e chiome spillate e polpacci fasciati e cappelli a pan di zucchero», come scrisse nel tardo Ottocento l'autore di Daisy Miller Henry James. Charles Dickens pochi anni prima li aveva trovati «altamente divertenti». La presenza di questi modelli nella piazza e in una stradina non lontana in cui molti vivevano in camerette d'affitto è durata per un paio di secoli, fino alle soglie del Novecento. Specialmente nel culmine dell'era romantica, la presenza di tanti stranieri, residenti o di passaggio, perlomeno ufficialmente impegnati in attività artistiche e culturali - quasi senza eccezioni, lo scopo ufficiale del viaggio era l'esplorazione e comprensione del grande passato classico di Roma - fecero di piazza di Spagna il ritrovo intellettuale del mondo.

«Nulla di simile esiste altrove», notava Stendhal nel primo Ottocento. Ma la bellezza fisica del luogo contribuiva e contribuisce ovviamente al suo speciale richiamo. Quando l'area era praticamente suddivisa tra Francia e Spagna, ognuno dei due paesi, per dar lustro alla propria immagine in un periodo d'intensa competizione politica, si era dedicato ad abbellire la porzione in suo possesso. La Francia, o più precisamente il suo famoso statista secentesco italiano di nascita, il cardinale Mazarino, aveva avuto l'idea migliore: una scala monumentale che dalla piazza sarebbe salita lungo il pendio del Pincio fino alla chiesa francese e alle altre proprietà francesi là in alto. Tuttavia il progetto non potè essere eseguito fino ad un secolo più tardi, quando fondi sia romani che francesi si resero disponibili per realizzarlo, e quando un progetto particolarmente attraente fu presentato dal distinto architetto romano Francesco De Sanctis. La scalinata di piazza di Spagna è il più famoso e caratteristico elemento della piazza. Gli architetti trovano speciale merito nel modo spettacolare in cui i gradini si aprono allo sguardo da tutte le direzioni.

Il rapporto del progettista settecentesco, tuttavia, rivela che De Sanctis non era stato mosso soltanto da considerazioni estetiche: renderò la scala visibile da ogni punto, scriveva, «perché i reverendi padri (della chiesa francese al sommo della collina) mi hanno avvertito delle grossolane indecenze» che commettevano su quel declivio cespuglioso le coppie che vi si nascondevano.

Si affaccia sulla scalinata l'appartamento (oggi Museo Keats-Shelley) in cui John Keats morì quattro mesi prima del suo 25° compleanno. Era arrivato a Roma nel novembre 1821, gravemen¬te ammalato di tisi, insieme ad un giovane amico, il pittore Severn. Come la maggior parte dei loro connazionali, i due avevano preso alloggio in piazza di Spagna. La cameretta da letto di Keats si apriva sul lato assolato della gradinata. Lì il più grande dei poeti romantici inglesi trascorse l'ultimo mese della sua vita fissando gli occhi al soffitto che l'amico Severn aveva dipinto per lui a erbe e fiori, consumato dal desiderio di rivedere la sua amata, Fanny, e scrivendo lettere che è difficile leggere senza profonda commozione.